“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà del mondo”

E’ il primo pomeriggio di un tiepido martedì di agosto quando arriviamo nella frazione di Vereytaz a Villeneve per visitare una delle cantine più importanti del panorama vitivinicolo valdostano. Maison Anselmet si presenta in tutto il suo splendore appoggiata su un colle che guarda la vallata principale della Valle d’Aosta.

 Ad accompagnarci per tutta la visita sarà il Signor Renato, gentiluomo d’altri tempi, fondatore dell’azienda. La sensazione che si prova entrando nella struttura è quella di trovarsi in un ambiente molto familiare, caldo ed accogliente, ma allo stesso tempo rigoroso e ordinato. 

Cominciamo subito il giro ascoltando i racconti del Signor Renato:

“…Il 35% dell’energia consumata dall’intera azienda viene prodotto da fonti rinnovabili…”

ci spiega il nostro cicerone sottolineando le sue origini di tecnico esperto dei sistemi energetici. Era il 1978 quando Renato Anselmet decise di prendere in mano le vigne appartenute al padre, abbandonando definitivamente il lavoro stressante di impiegato quadro all’Enel, per dedicarsi con passione e fermezza alla produzione di vino non più solo destinato ad uso familiare.

“ …gestire le persone era un lavoro che mi stressava e stancava molto più che lavorare in vigna…”

Un grande peso avranno in questa scelta anche le ambizioni del figlio Giorgio, titolare dell’azienda di famiglia dal 2001, sin da ragazzo appassionato del settore.

“…fosse stato per me gli avrei fatto fare l’elettrotecnico, ed invece lui per il suo diciottesimo compleanno mi chiese di regalargli una vigna…”

Giorgio si diploma all’Institut Agricole Règional ed inizia insieme al padre un percorso che condurrà l’azienda di famiglia ad essere una realtà importante nel panorama vitivinicolo non solo della Valle D’Aosta.
Insieme partono per la Borgogna per selezionare le barbatelle di chardonnay  con le quali oggi si produce  anche uno dei vini più importanti della cantina e, personalmente aggiungiamo, uno dei vini bianchi della Valle d’Aosta di più alto livello: lo Chardonnay élevé en fùt de chéne.

 Il Signor Renato ci porta nel seminterrato dell’azienda, nel cuore della cantina, dove avviene la “magia” della fermentazione. Qui incontriamo uno dei suoi collaboratori intento nella manutenzione delle macchine e nella pulizia dei locali, procedura quest’ultima che viene svolta più volte la settimana

Ci guardiamo intorno provando ad immaginare quanto quel luogo apparentemente quieto diventi vivo al momento della vendemmia. Percorriamo la stanza con lo sguardo fino ad incontrare un grande portone di legno, ci colpisce immediatamente e chiediamo al Sig. Anselmet dove conduca. Renato sorride ed orgoglioso dice:

“…questo è il punto in cui tecnologia, innovazione e tradizione si uniscono…”

Si avvicina, lo apre e ci invita ad entrare nella sua barricaia dove riposano i vini della Maison arricchendosi giorno dopo giorno.

Ancora una volta ci pervade quella sensazione di vecchio e nuovo che si fondono ed il profumo di legno e vino non fanno altro che rendere più magico questo momento.

 

Il tour della cantina è terminato, ora non ci rimane che sederci a tavola e degustare assieme alcuni dei vini prodotti dalla Maison. Accanto a noi un maestoso caminetto incastonato nella pietra tipica della Valle con un davanzale in legno intarsiato recuperato probabilmente, dice il padrone di casa, da un’antica chiesa.

Di fronte a noi una vista incredibile che attraverso le vetrate apre lo sguardo sulle vigne adagiate nella valle illuminata dal sole; le alpi che ci circondano maestose ricordanoci come le temperature si abbassino improvvisamente al tramontare del sole, momento magico e fattore decisivo per la tutela delle componenti aromatiche che rappresentano il biglietto da visita di molti vini presenti in questa zona.

Con il calice di vino in mano, iniziamo bevendo un ottimo Mueller Thurgau, la nostra chiacchierata con il Signor Renato si fa ancora più amichevole, ci racconta fiero della sua famiglia, dei nipoti ma anche dei  progetti futuri dell’azienda. Uno di questi è legato al riesling che vediamo piantato nella vigna davanti a noi,

“…per ora è solo un esperimento…”

ci dice, ma è proprio dagli esperimenti che nascono le opportunità! Ci parla dello spumante metodo classico “Perla Bruna” pronto ad uscire per il prossimo Natale, dedicato a sua nuora Bruna Cavagnet, vigneron fondamentale per la Maison Anselmet.

“…è lei che ha in mano tutto il lavoro in vigna..”

 

Passiamo a degustare lo Chardonnay, lo Chardonnay élevé en fùt de chéne fino ad arrivare al vino di punta della Maison Anselmet il Le Prisonnier,  mentre il Signor Renato ci racconta la storia di quest’ultimo vino e di quanto tempo abbia impiegato a convincere il contadino, ex proprietario, a vendergli le vigne dalle quali viene prodotto:

“…non ne voleva sapere, 15 anni ci sono voluti, fino a quando un giorno ricevetti una telefonata in cui mi diceva: vieni da me dobbiamo parlare della vigna!…”

E’ grande mezzo ettaro ed è posizionata a 750 metri sul livello del mare, divisa in sette terrazze imprigionate (da qui il nome) sopra e sotto da pareti rocciose che determinano una doppia escursione termica nell’arco delle 24 ore. Il primo picco avviene a mezzogiorno ed il secondo la sera, quando le rocce cominciano a rilasciare il calore accumulato durante tutto il giorno determinando così nell’uva un contenuto di acidità e zuccheri molto equilibrato.

Le Prisonnier

nasce un po’ per caso, l’idea iniziale era quella di produrre un vino DOC, vista la posizione delle vigne sul monte Torrette da cui nasce la DOC omonima, ma quando gli Anselmet fecero visionare le vigne per richiedere la denominazione controllata, ricevettero la brutta notizia che i filari di Petit Rouge presenti nella vigna non raggiungevano la quantità minima del 70% stabilita dal disciplinare. A questo punto due erano le strade o espiantare tutto e cominciare con nuove barbatelle, o aspettare la vendemmia ormai prossima e vedere cosa ne usciva. La risposta arrivò da un testo di Lorenzo Gatta del 1838, che Giorgio Anselmet ricordava di aver letto. Il “Saggio sulle viti e sui vini della Valle d’Aosta” definiva infatti il vino prodotto proprio dalle vigne di questa valle vicino a Saint Pierre come uno dei migliori della penisola. Non restava che provare a vendemmiare quell’uva nello stesso identico modo usato nel passato. Il risultato è stato un vero successo, oggi Le Prisonnier rappresenta un punto di riferimento per gli Anselmet tanto che si stanno preparando a piantare nuovi cloni di quelle stesse vecchie viti.

La nostra visita finisce, usciamo varcando uno splendido portone dell’800 che Renato Anselmet apre per noi con una grande chiave di ferro e così la magia del vecchio e nuovo si ripete consentendoci di tornare alla realtà.

 

CHARDONNAY élevé en fùt de chéne 2012

Risulta complesso ed elegante al naso con una nota importante di legno donata dalla vinificazione e dall’affinamento in barrique. Importanti le sensazioni minerali che ritroviamo in bocca come anche la freschezza molto presente dei vini di montagna.

E’ un eccellente vino da bere anche da solo, o come abbiamo fatto noi abbinandoci lo splendido paesaggio estivo delle Alpi.

LE PRISONNIER 40% Petit Rouge, 30% Cornalin, 20% Fumin, 10% Mayolet

La percentuale dei  vitigni tutti autoctoni con cui è prodotto, e i metodi di produzione utilizzati e la sua storia lo rendono sicuramente un vino unico. A nostro parere le sue origini rimangono indubbiamente riconoscibili sia al naso che in bocca. Inconfondibile nell’ampiezza del naso il sentore regalato dal fumin, anche se perfettamente equilibrato con tutte le altre sensazioni presenti tra cui frutta a bacca nera, sottobosco, cuoio. In bocca una vera esplosione lunga di sapori.

Maison Anselmet
Frazione Vereytaz 30 – 11018 Villeneuve
Tel./Fax: +39 0165 90 4851
email: info@maisonanselmet.it
http://www.maisonanselmet.it/