“da ragazzo non avrei mai pensato di ritrovarmi a fare il  lavoro di mio padre, oggi non mi vedrei in nessun altro posto se non tra le mie vigne”

Terroir. Parola tanto cara ai francesi quanto di difficile traduzione in italiano.Potremmo definirla come l’insieme dei fattori che contribuiscono alla creazione di un buon vino: composizione ed esposizione del terreno, clima, vitigno ed infine la mano dell’ uomo che con mente e anima sceglie di perfezionare, a sua immagine e somiglianza, ciò che la natura ha creato.


E’ questa la parola chiave della nostra gita domenicale a Olevano Romano; senza mai pronunciarla, Damiano Ciolli, “viticoltore in Olevano Romano”, la rievoca sempre lui che è uno dei principali artefici della “riscossa” del Cesanese. La sua avventura parte nel 2001, quando, eredita la vigna da suo padre, sceglie quasi per scommessa, di fare sua quell’esperienza e decide di dare vita ad un Cesanese che fosse di prima qualità e di riscoprire quel concetto di Terroir troppe volte, ancora oggi, da queste parti dimenticato.

Ad un’altitudine di 400 metri, tra i monti che circondano Olevano, con lo sguardo rivolto verso il lontano mare, su terreni di origine vulcanica, il Cesanese si veste di abiti eleganti, grazie anche alla mano giovane ma già sapiente di Damiano.

Quando arriviamo è già li ad accoglierci nella sua vigna ci stringe la mano mettendoci subito a nostro agio e come un vecchio vigneron di Borgogna inizia a raccontarci la storia del vigneto, la sua storia.

“da ragazzo non avrei mai pensato di ritrovarmi a fare lo stesso mestiere di mio padre, tanta fatica e poche gratificazioni!”

aggiunge

“è stato un amico a guidarmi in questa direzione e quando l’ho scelta è stato perché ho capito che era questo il lavoro che avrei voluto fare. Oggi non mi vedrei in nessun altro posto se non tra le mie vigne”.

Sorride e ci dice “il mio obiettivo è stato da subito quello di produrre un Cesanese di qualità”.
Nel suo racconto ci spiega che quando ha iniziato, ha scelto di rompere con la tradizione, con il passato,  conservando però la storia e le radici della sua famiglia, le radici di quelle viti che insieme avevano piantato, ci ha spiegato che i punti di partenza sono stati proprio il vitigno locale (Cesanese di Affile ndb) e la resa per ettaro.
Ecco allora che il tendone lascia spazio a un cordone speronato, che le rese si abbassano e che potature e vendemmie diventano ponderate, ci ha anche illustrato barbatelle e nuovi innesti, e soprattutto i suoi progetti per il futuro.

Come da rito la visita si è conclusa con la degustazione in cantina, poco lontano dalle vigne. Ci ha colpito subito la pulizia e l’ordine, l’ambiente familiare e genuino, ma soprattutto la dinamicità e la sperimentazione.

“I miei vini devono piacere a me prima di tutto”

ci tiene a sottolineare Damiano, che passa da botti piccole a più grandi, da acciaio e cemento. Il fine ultimo è sempre lo stesso: ottenere un vino nuovo ma che esalti le qualità proprie del vitigno, della zona e del produttore.
Due sono le creature di Damiano: il Silene e il Cirsium, nomi di fiori locali messi al voto popolare degli amici di sempre, ancora una volta scelti per sottolineare lo stretto legame col territorio…anzi terroir.

Degustazione:

Il Silene

è il “vino base” della ditta, anche se tale appellativo risulta quantomeno improprio. Nasce da vitigni di almeno 20 anni, una volta allevati con il metodo del tendone e ora portati ad un “cordone speronato modificato”. Macerazioni brevissime, per un prodotto a base di Cesanese comune che si contraddistingue per freschezza e pulizia.
In anteprima (uscita prevista per Maggio), assaggiamo la versione 2012 del Silene. E’ proprio qui che il concetto di vino base diventa stretto. Segnato da un naso di frutti rossi e fiori freschi, è soprattutto alla gustativa che il Silene fa il pieno di consensi, grazie a un equilibrio già raggiunto, con una freschezza che invita al bicchiere e tannini integrati. Chiusura da applausi che si contraddistingue per precisione e pulizia.
“Un vino pret-a-porter” come lo ha definito Serena, nel senso più positivo del termine.

Il Cirsium

il più ambizioso dei due, nasce da uve di Cesanese di Affile di piante di 60 anni con rese bassissime e coltivati con metodo a “candelabro”. Dieci i giorni di macerazione, ma lungo invecchiamento e affinamento, che vede un prodotto uscire circa 5 anni dopo la vendemmia, conquistando complessità e persistenza.
Nella versione degustata, la 2009, il Cesanese (di Affile al 100%) veste l’abito da sera, preferendo l’eleganza alla potenza e alla struttura. In bocca si avvertono fin da subito note di evoluzione che fanno pensare alla scatola di sigari, note di spezie, fiori e frutta, che qui diventa più scura. In bocca si presenta dotato di discreta morbidezza, con sapidità e freschezza che rendono piacevole il sorso, grazie anche a tannini ben pronuncati ma di ottima fattura. Il finale è intenso e lunghissimo, siamo nei dintorni dell’eccellenza.

Note:
Damiano Ciolli
http://www.damianociolli.it/
Telefono:+39 06 9564547
info@damianociolli.it
http://www.damianociolli.it/